Henri Cartier-Bresson, pioniere del fotogironalismo, è stato definito "l’occhio del secolo". Francese, classe 1908, iniziò a interessarsi alla fotografia a 23 anni, fu tra i fondatori della Magnum; girò il mondo come fotoreporter (importanti in particolare i viaggi in Cina all’epoca della guerra civile, in India durante gli ultimi giorni della vita di Gandhi e nell’Unione Sovietica degli anni ’50 prima e ’70 poi) ma soprattutto divenne celebre per la sua capacità di cogliere l’istante più significativo di una scena: «Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento» affermò. Sui ritratti fu un indiscusso maestro, anche se, nonostante fosse uno dei più grandi al mondo, non si reputava un fotografo. Fu anche per questo che si trovò in sintonia coi pittori che frequentavano gli ambienti artistici francesi e che immortalò. Il primo maestro con cui strinse una particolare forma d’amicizia fu Henri Matisse, più vecchio di lui di una quarantina d’anni, che lo accolse spesso nella casa in cui viveva da anni nel sud della Francia, tra Nizza e Cannes. La foto che pubblichiamo, risalente al febbraio del 1944 è particolarmente interessante anche per l’ironia che sottende: una foto in bianco ne nero per un pittore che basò tutta la sua vita sui colori; una foto in cui più del pittore si notano gli uccelli, ironizzando sul movimento dei "Fauves" del quale Matisse aveva fatto parte e che doveva il suo nome all’espressione «cage naux fauves», gabbia delle belve, con cui era stata etichettata la loro prima mostra. All’epoca della foto Matisse aveva già 74 anni, vedovo, era ridotto in sedia a rotelle e la figlia Marguerite era stata catturata dai tedeschi e mandata verso un campo di concentramento. L’amicizia tra il pittore e Cartier-Bresson durò fino alla morte di Matisse.